PANIMUNDU
coreografia: Pietro Pireddu
interpreti: Carolina Amoretti, Chiara Casiraghi, Giulia Gilera
musica: Spartaco Cortesi
coproduzione: Fabbrica Europa, Compagnia degli Istanti
con il supporto di PARC Performing Arts Research Centre, Company Blu
con il sostegno di Città Metropolitana di Firenze
Della malva è ben noto il fiore che dà nome al colore. Meno appariscente è il suo frutto verde, nutriente, tondo e schiacciato: il panimundu, che tradotto dal sardo significa letteralmente “pane del mondo”. Il frutto di questa pianta selvatica diventa il simbolo della spontaneità e del nutrimento, nutrimento che durante l’infanzia è accompagnato dal gioco, che diventa a sua volta ricerca di un’esperienza di contatto immediato con la natura.
Panimundu è una forma di vita complessa, dichiara il coreografo, un’entità fatta di spazio, di corpi, di corpi nello spazio, di corpi abitanti e abitati, di azioni che sono la linfa che nutre questa forma di vita, di percorsi che sono il risultato di scelte particolari, di movimenti interni. Le interpreti fanno esperienza di se stesse, della propria unicità, dei propri limiti, sperimentando un approccio riflessivo che le dispone a osservare il proprio operato nel momento che esso si produce, si riproduce, si attiva. Il corpo è un corpo grafico che si confronta con la propria anatomia, con la propria esistenza. Lo spazio non è solo un contenitore è l’habitat in cui si costruisce la propria partecipazione alla vita, è la proiezione di un interno in cui si genera il movimento vitale di riconoscimento che è un costante dialogo tra il fuori e il dentro, tra il dentro e il fuori.
Come scrive Melissa Melpignano, ricercatrice e studiosa di danza e arti performative, Panimundu si dispiega come una pratica coreografica dove spazialità, sensazioni, senso articolare e energia si modulano attraverso una serie di ripetizioni che divengono possibili solo con l’emergere di uno scarto rispetto all’azione, all’attimo che si è appena esaurito. Questo scarto, spesso minimo, segna una svolta, per quanto lieve, nelle relazioni tra le performer e con chi partecipa dell’evento.
La prossimità tra le interpreti non è mai affettata né diviene uno spettacolare (se non reazionario, di questi tempi) contatto-a-tutti-i-costi. Le relazioni rimangono in atto, visibili in quel moltiplicarsi di dettagli che è dono del senso del tempo compositivo di Pietro Pireddu con Carolina Amoretti, Chiara Casiraghi, Giulia Gilera e il compositore Spartaco Cortesi («Se ci fosse più tempo i dettagli si moltiplicherebbero, ma guardando di sfuggita molto sfugge», ci ricorda in Geografie la poetessa Antonella Anedda, come Pireddu di origini sarde).
Partecipare dell’effetto-panimundu è fare esperienza di un oggi intempestivo, di un tempo anticlimatico, senza quelle angosce o accelerazioni pandemiche alle quali la ricerca coreografica di Panimundu ha saputo resistere.